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99.000 imprese italiane a rischio default. Fra i settori più penalizzati, le costruzioni

99.000 imprese italiane a rischio default. Fra i settori più penalizzati, le costruzioni

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Cerved Group: tra il 2021 e il 2022 le società a rischio sono aumentate di 11.000 unità (+16,1%), superando il picco raggiunto nel 2020.

L’intensificazione dei rincari dei prezzi delle materie prime, unita alla destabilizzazione del quadro geopolitico internazionale seguita al conflitto russo-ucraino, hanno rallentato il percorso di ripresa dell’economia del nostro Paese. All’interno di questo scenario, i dati sul rischio fotografati dalla società di servizi di valutazione, gestione e recupero crediti Cerved rivelano un peggioramento delle prospettive delle imprese, che aggravano la capacità di tenuta di un sistema già debilitato dal Covid.

 

Dall’analisi Cerved emergere infatti una nuova crescita delle società rischiose, dopo il picco raggiunto durante la fase più acuta della pandemia (134.000, il 21,7% del totale). Tra 2021 e 2022 le società a rischio di default passano da una quota del 14,4% al 16,1% del totale, aumentando di 11.000 unità e portandosi a quota 99.000. Ad ora, i debiti finanziari iscritti nei bilanci di imprese a rischio di default ammontano a 107 miliardi di euro (il 10,7% del totale), in aumento di 11 miliardi rispetto allo scenario pre-conflitto.

 

A livello settoriale, si evidenziano impatti piuttosto diversificati sulle prospettive di rischio. I macro-comparti che registrano i peggioramenti più significativi sono le costruzioni (dal 15,2% del 2021 al 17,6% del 2022) e i servizi (dal 14,9% al 16,7%), mentre il comparto energetico, nonostante l’aumento della rischiosità nel 2022, rimane l’unico ad attestarsi su livelli inferiori al pre-Covid (15,0% nel 2022 contro il 15,1% del 2019). Dando un occhio ai dati disaggregati, sono 111 i segmenti che tra 2021 e 2022 mostrano un aumento della quota di imprese in area di rischio. I più impattati dalla nuova congiuntura appartengono prevalentemente a tre comparti di attività: i servizi non finanziari, penalizzati dall’interruzione del percorso di recupero post-Covid, i trasporti e l’industria pesante, che risente in misura maggiore dell’aumento dei prezzi dell’energia e dei materiali. I maggiori peggioramenti si registrano nella gestione aeroporti (34,8% delle imprese a rischio nel 2022; +24,7 p.p. rispetto al 2021), nella siderurgia (26,4%; +12,1 p.p.) e nella ristorazione (30,1%; +11,7 p.p.)

 

Sul fronte dell’occupazione, sono 831.000 i lavoratori impiegati in imprese a rischio di default, l’8,5% del totale, in aumento di quasi 129.000 unità rispetto al 2021 (7,2%). A questi si aggiungono gli oltre 2,1 milioni di addetti che lavorano in società considerate vulnerabili (21,9%; +228 mila rispetto al 2021), per un totale di oltre 3 milioni di occupati in società fragili (il 30,5%).