
Una delle imprevedibili conseguenze del Covid-19 è la crisi dei container: in Cina non se ne trovano e il noleggio dei pochi che ci sono è carissimo. Alle stelle i costi delle importazioni dal Far East e si dilatano anche i tempi di consegna.
Nei prossimi mesi si riuscirà ad avere tutta la merce a scaffale? Sono molti i distributori che, in questi giorni, se lo chiedono, a causa delle straordinarie fluttuazioni dei costi dei trasporti dalla Cina, legati al periodo di pandemia. Il problema è che in Cina mancano i container, ed i noli hanno raggiunto, nel giro di circa 6 mesi, dei costi spropositati: “Parliamo di 11-12.000 dollari a container, contro i 1.500 circa del periodo precedente – spiega Paolo Micolucci, consigliere delegato Brico io -. E la merce trasportata nel container spesso non ha un valore altrettanto elevato, per cui ci si può trovare nella situazione di spendere per il trasporto una cifra superiore a quella del costo del materiale trasportato”. Insomma il gioco non sembra davvero valere la candela.
Salgono i costi…
E allora che si fa? Aspettare che i prezzi si abbassino, è un’opzione poco percorribile: pare che la bolla inizierà a calare dopo il periodo del capo d’anno cinese (che quest’anno cade il 12 febbraio). I costi di trasporto, cioè, potrebbero tornare ad abbassarsi parzialmente per il periodo di marzo/aprile: “Il punto è che non si può imbarcare, poniamo, un container di ombrelloni a fine aprile – lamenta Giovanni Todaro, direzione commerciale Fdt Group -. Noi lo stagionale dobbiamo presentarlo già a marzo, ed anche i volantini vanno realizzati in quel periodo”. Insomma il timore di arrivare in ritardo con le consegne è tutt’altro che ipotetico. Allora non converrebbe trovare altri soluzioni per avere la merce in casa, alternative all’approvvigionamento dalla Cina? Spiega Benedetto Paolino, direzione commerciale Evoluzione Brico: “Anche in Europa, e in generale su tutti i mercati, si è determinato un incremento dei prezzi di acquisto, per l’ovvia ragione della legge della domanda e dell’offerta: c’è meno merce da comprare, per cui ovunque la produzione ha aumentato i prezzi”.
…e i prezzi al consumo
E poi non dobbiamo dimenticare la fondamentale questione delle importazioni indirette: anche i produttori, cioè, realizzano i propri articoli con componenti di origine cinese: “Tanti nostri fornitori – segnala Giovanni Todaro – si trovano con centinaia di container fermi sulle banchine cinesi perché non riescono a trovare navi e, se le trovano, sono costretti a pagarle cifre davvero significative”. Cifre che, evidentemente, andranno a riversarsi in qualche modo sul prezzo di vendita dei prodotti. Anche in questo caso, non ci sono alternative percorribili: “Parliamoci chiaro: la grossa produzione oggi è in Cina e nei Paesi dell’area asiatica – puntualizza Roberto Fadda, presidente del Consorzio Bricolife -. L’Europa non ha né i prodotti né tanto meno la capacità produttiva… Ci sono grosse case automobilistiche europee che si starebbero addirittura trovando nella condizione di dover fermare i propri impianti di produzione per mancanza di componenti”. Sul tema torna anche Benedetto Paolino: “In Europa non c’è il potenziale per produrre le stesse quantità di merce realizzate nel Far East e soddisfare la domanda odierna”. Direttamente collegato a questa problematica, c’è poi quella dell’aumento dei costi delle materie prime: dal legno all’acciaio, al rame. Anche qui, la ricaduta sui costi di acquisto della merce è importante, con incrementi anche a doppia cifra.
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